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Il foodtech nel 2016? Non sarà solo delivery

20January

Il foodtech nel 2016? Non sarà solo delivery

Il 2015 è stato ribattezzato da molti l’anno del food. In Italia, al grido di “Feeding the Planet, Energy for Life”, la manifestazione universale Expo Milano 2015 ha monopolizzato l’attenzione sul tema. Un evento che ha anche permesso di accendere i riflettori in maniera importante su un settore che aveva già preso piede ben prima della manifestazione universale: quello delle startup innovative.

Non sono mancate le exit: è d’obbligo citare la vendita milionaria della startup bolognese PizzaBo, ceduta a febbraio al gigante tedesco dell’e-commerce Rocket Internet per un cifra – confermata a quanto pare dai dati annuali pubblicati dalla società – che supera i 50 milioni di euro. A giugno è poi toccato a Clicca e Mangia e Deliverex acquistate da Just Eat, il marketplace più famoso del settore.

Nuove iniziative imprenditoriali, sempre nel 2015, hanno preso vita in Italia. Ben tre società nel solo settore del food delivery: a giugno a Milano ha debuttato Foodinho che seleziona alcuni dei migliori ristoranti della città e consegna tramite fattorini in bici, a settembre è stata la volta di Foodora, supportata da Rocket Internet che ha lanciato la startup contemporaneamente in 21 città in 14 country diverse e infine Deliveroo, startup londinese, che ha iniziato a consegnare nel capoluogo lombardo a inizio novembre.

A leggere i dati, il volume d’affari del mercato della consegna di cibo a domicilio si aggirerebbe intorno ai 400 milioni di euro in Italia (fonte Sole24 Ore), ma è tutto il comparto “food technology” a far ipotizzare scenari interessanti. A livello globale il trend è confermato dai numeri diffusi recentemente da CBInsights: le startup foodtech hanno raccolto oltre cinque miliardi di dollari su 275 deal.

 

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Il 2016 vedrà un ampliamento e probabilmente un consolidamento in Italia delle piattaforme di food delivery che puntano a coprire completamente i vari segmenti di mercato (dalla pizzeria ai ristoranti stellati) e i vari modelli (dal semplice markeplace alla justeat o foodpanda alla piattaforma logistica integrata alla Foodora).

Tuttavia, nuovi trend stanno emergendo. Se la prima ondata di innovazione ha digitalizzato l’incontro tra domanda e offerta (marketplace) e la seconda ha aggiunto la piattaforma logistica per aggredire nuove fasce di mercato premium, si stanno affacciando all’estero nuovi modelli che puntano ad una ulteriore integrazione verticale aggiungendo anche la produzione dei cibi stessi.

Sempre più il ristorante sarà “dematerializzato”, e nasceranno nuovi servizi che, potendo contare su laboratori e processi ingegnerizzati,  potranno realizzare direttamente i piatti per poi consegnarli a domicilio. La sfida sarà quella di bilanciare i vantaggi derivanti da un maggior controllo della filiera (e quindi maggiori marginalità) con un modello di diffusione hyperlocal ed una attenzione maniacale alle operations.

Nel contesto del “ristorante a domicilio” nuovi modelli si stanno affacciando: nascono nuovi servizi per portare a casa dell’utente chef a domicilio innovando il tradizionale concetto del catering o servizi che realizzano ricette di chef stellati inviando le preparazioni che l’utente può realizzare direttamente a casa propria.

A questo deve senz’altro unirsi la sempre crescente attenzione nell’opinione pubblica sul cibo salutare e nutraceutico a cui associare obiettivi di perdita di peso o di wellness: qui l’Italia, dato il bagaglio di know-how e la ricchezza della propria tradizione, biodiversità e primati qualitativi dei propri prodotti, potrà giocarsi una partita importante, provando a creare quelle barriere all’ingresso che, insieme ad una attenzione maniacale alle operation e all’ottimizzazione dei processi possono essere la ricetta di successo anche nei confronti dei competitors internazionali.

Stefano Molino (Partner di Innogest)

Posted on 20 Jan 2016  , ,