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Investire in diagnostica non conviene? Tre ragioni per cui potrebbe non essere più vero

03February

Investire in diagnostica non conviene? Tre ragioni per cui potrebbe non essere più vero

Da sempre l’attenzione degli investitori life science è orientata in primo luogo a soluzioni terapeutiche e solo in via residuale alla diagnostica. Il razionale è legato alla catena del valore nella sanità: semplificando all’estremo, se in passato siamo stati in grado di curare sempre più patologie è stato principalmente merito dei nuovi trattamenti sviluppati, più che del miglioramento nella capacità di diagnosi. È pertanto ragionevole che il valore attribuito ad un trattamento, a parità di rischi di sviluppo, sia stato generalmente più alto rispetto ad un diagnostico che insiste sulla stessa patologia.

Da poco, però, emergono evidenti segnali di cambiamento nell’interesse della comunità economico-scientifica e lo testimoniano i mega round raccolti a gennaio da Guardant Health ($100m), Exosome Diagnostics ($60m) e Grail ($100m), tutte società che puntano a rivoluzionare il modo in cui si estraggono informazioni sullo stato di salute di un paziente attraverso un prelievo del sangue.

Sono operazioni sporadiche o possiamo riconoscere l’inizio di un trend di investimento più attento alla diagnostica e lo screening?

Il paradigma secondo cui “maggior impatto sull’outcome clinico implica maggior valore” è ancora valido, ma sono cambiate tre fondamentali condizioni al contorno:

Consumerizzazione della sanità. La salute sta diventando sempre più responsabilità dell’individuo, che ormai si informa in autonomia su WebMD, valuta e sceglie lo specialista migliore cui rivolgersi su Doctor-On-Demand, richiedere una second-opinion con Grand Rounds. Mentre il concetto di screening e prevenzione era un tempo visto come un servizio pubblico obbligatorio verso cui porsi in modo passivo, oggi sono sempre di più i test pagati out-of-pocket (i.e. non rimborsati) che il paziente sceglie deliberatamente di fare, basti pensare all’Harmony Test per la trisomia del cromosoma 21 sviluppato da Ariosa (acquistata da Roche), sempre più diffuso tra le donne in gravidanza.

Minore costo dell’informazione. Estrarre informazione rilevante da tessuti biologici è sempre più economico, rapido e meno invasivo. L’effetto dei progressi tecnologici (NextGenSequencing in primis) ha un impatto diretto sulla specificità dei test disponibili, ovvero sulla capacità di minimizzare il numero di falsi positivi, direttamente correlati ai costi di diagnosi ulteriore e follow-up (Quanti pazienti sani dovranno essere sottoposti ad un esame non necessario, a fronte di un paziente malato individuato?). Una migliore tecnologia porta dunque ad una riduzione del costo di individuazione di un paziente malato.

Maggiore utilità dell’informazione. Il valore attribuito all’informazione si basa sulle implicazioni che questa ha sulle scelte terapeutiche. In altre parole, se un’informazione non cambia il modo in cui decido di agire, allora non vale nulla. La continua evoluzione della personalized medicine, ovvero delle terapie con elementi di specificità rispetto al paziente in esame, ha aumentato notevolmente l’impatto dell’informazione diagnostica sulla terapia.

Alla luce di un nuovo scenario in cui il paziente è attivo nella scelta del proprio percorso di screening, in cui analisi un tempo impensabili sono alla portata del sistema sanitario/assicurativo o addirittura del privato ed i risultati di tali analisi possono fare la differenza sulle probabilità di riuscita del trattamento, è evidente che il peso dello screening e della diagnosi sia completamente diverso rispetto a prima.

Un esempio di questo cambio di prospettiva è la rilevanza che sta assumendo agli occhi della comunità finanziaria il settore della liquid biopsy (biopsia liquida), ventaglio di procedure non invasive alternative alla biopsia chirurgica attraverso cui è possibile effettuare analisi biologiche attraverso un semplice prelievo del sangue. Nella recente J.P. Morgan Healthcare Conference tenutasi a San Francisco lo scorso gennaio, il potenziale di mercato del settore era valutato in oltre 20 miliardi di dollari, considerando l’impatto che potrebbe avere sulla personalizzazione terapeutica, il monitoraggio dei suoi effetti, la valutazione dei rischi in fase di prognosi e lo screening.

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Tempi e modi in cui le previsioni di crescita diventeranno realtà sono tutti da valutare, ma appurato l’impatto potenzialmente paritetico di terapia e screening sugli outcome clinici è ragionevole pensare che anche il gap di investimenti nei due settori si riduca progressivamente. Per le startup medicali che stanno lavorando su screening e diagnostica sia apre dunque una nuova età dell’oro.

Pietro Puglisi

Posted on 03 Feb 2016