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Crescita vs. sostenibilità, strategie e metriche da considerare

18April

Crescita vs. sostenibilità, strategie e metriche da considerare

Gran parte delle startup che oggi vengono presentate come casi di successo hanno avuto crescite straordinarie, attirando investitori che le hanno finanziate con cifre molto consistenti sul presupposto di riuscire ad acquisire rapidamente clienti e quote di mercato in modo da assumere una posizione dominante difficilmente scalzabile. Spesso questa crescita è avvenuta senza apparentemente curarsi della sostenibilità del modello di business: è noto che alcune delle startup più note e valutate sul mercato mondiale, a cominciare da Uber, sono ancora oggi non profittevoli, se le si considera a livello globale. La scommessa dietro in questi casi è che, una volta acquisite posizioni dominanti sul mercato, anche la profittabilità venga di conseguenza.

È interessante a questo proposito analizzare il recente investimento in Lazada, il più grande shopping marketplace nel Sud Est asiatico, da parte del gigante cinese dell’ecommerce Alibaba. Alibaba ha investito complessivamente un miliardo di dollari tra acquisizione di parte delle quote dei precedenti investitori (tra cui Rocket Internet) e aumento di capitale. Ciò che più stupisce nell’analizzare questa transazione sono gli indicatori finanziari di Lazada: la società ha chiuso il 2013 con circa 75 milioni di dollari di ricavi netti, che sono raddoppiati nel 2014 a oltre 150 milioni. Al contempo, la perdita a livello di margine operativo lordo è passata da 67 milioni di dollari nel 2013 a oltre 150 milioni nel 2014. Ciononostante, l’investimento da parte di Alibaba e la valutazione sono molto significative.

La storia recente delle società digitali è costellata anche di casi clamorosi di insuccesso di aziende che hanno finito per essere liquidate, dopo aver terminato la cassa, nonostante straordinarie traiettorie di crescita. Emblematico è il caso di Homejoy, startup americana attiva nel mercato delle pulizie online. Pur indirizzando un mercato potenzialmente enorme – il settore del home cleaning è stimato a oltre 400 miliardi a livello globale – e aver raccolto oltre 40 milioni da investitori importanti come YCombinator, Google Ventures, First Round Capital e il fondatore di PayPal Max Levchin, ha chiuso i battenti nel luglio del 2015.

Quali conclusioni trarre? È il modo in cui il prodotto risponde alle esigenze dei propri clienti (product/market fit) l’unico valore importante per gli investitori, siano essi finanziari o industriali? Crescere rapidamente e acquisire una posizione dominante è l’unica strategia che conta, anche a discapito della sostenibilità, che prima o poi arriverà? La risposta è no. Investitori di provato successo non investono centinaia di milioni solo sulla base dell’idea di diventare incumbent in un mercato specifico. Sono necessarie alcune considerazioni ulteriori.

Innanzitutto è importante conoscere i propri clienti e adottare strategie di marketing e di acquisizione coerenti. Nel caso di Homejoy, una delle strategie che ne ha determinato il fallimento è stata quella di spingere sulla crescita attraverso la fornitura di coupon scontati a un prezzo molto più basso rispetto al prezzo di mercato del servizio. Questa strategia di dumping non soltanto ha generato transazioni con margini fortemente negativi, ma ha anche attirato i clienti sbagliati, interessati cioè all’occasione specifica anziché a diventare utenti abituali.

In secondo luogo è importante validare le proprie unit economics: se si tratta di un e-commerce, il costo di acquisizione, il life time value del cliente, il tasso di riacquisto per singola coorte sono metriche fondamentali per capire se il modello potrà raggiungere la profittabilità, ancorché non l’abbia al momento. Occorre tuttavia ricordarsi che queste metriche sono strumenti che non sostituiscono l’elemento fondamentale alla base di un vantaggio competitivo sostenibile: la qualità del prodotto o del servizio che si eroga. Ciò non soltanto per garantire che il proprio cliente ritorni, ma per garantire un successo duraturo sul mercato e una posizione difficilmente sostituibile.

Dietro le piattaforme di maggior successo, anche quelle che erogano servizi apparentemente banali, si nascondono tecnologie molto sofisticate e un’analisi maniacale dei dati dei propri clienti e fornitori. Una delle cause del fallimento di Homejoy è stata proprio l’incapacità di sviluppare algoritmi di analisi sufficientemente sofisticati per capire quale operatore coinvolgere sulla base delle richieste del cliente, col risultato che spesso i costi per l’operatore nel raggiungere la casa del cliente si sono rivelati superiori al profitto, riducendo la retention e facilitando la disintermediazione.

Per evitare di fare errori fatali è fondamentale la squadra che costruisce intorno al nucleo originario: spesso i fondatori hanno un background tecnico che li aiuta nelle prime fasi di sviluppo della piattaforma, ma mancano di competenze forti di digital marketing o di customer care, che sono indispensabili per conoscere i propri clienti e sviluppare un servizio consumer vincente. Circondarsi di un prima linea manageriale di alto profilo può aiutare ad acquisire le competenze mancanti e a fare le giuste scelte esecutive.

Se l’obiettivo imprescindibile di un’impresa è acquisire, coinvolgere e far tornare il cliente, allora è necessario comprendere molto bene la relazione tra il proprio prodotto e quel cliente. Quando questa relazione è forte, possono innescarsi dinamiche virali che rendono la crescita assai meno costosa. Tuttavia, scommettere a monte sulla viralità, quasi fosse un mantra che alla fine risolverà ogni problema, non è la soluzione. Sono pochissime le piattaforme web che sono riuscite a essere veramente virali: chi ce l’ha fatta, per esempio Poshmark, ci ha messo molto tempo, ha usato strategie di social media marketing altrettanto sofisticate, ma soprattutto è stato il prodotto di per sé a essere talmente ben sviluppato da risultare intrinsecamente virale.

Stefano Molino
@Gioppo78

Posted on 18 Apr 2016  ,